«Terra mia, terra mia, comm’è bello a la penzà.
Terra mia, terra mia, comm’è bello a la guardà».
Pino Daniele
C’è stato un momento, nel passato, durante il quale era molto forte il legame tra uomo e natura.
D’un tratto, poi, lo sviluppo economico, le guerre, le rivoluzioni, hanno portato gli uomini a distruggere la terra che li aveva visti crescere e a dimenticare che le necessità di cui avevano bisogno erano più vicine di quanto immaginassero. C’è stato un tempo in cui era più forte la corrispondenza armonica e perfetta tra i cinque sensi e la cultura, la storia, il passato di un popolo con la buona tavola, il convivio.
C’è stato un momento e quel momento è tornato ora.
Ora che tutto è frenetico, ora che tutto è in divenire, ora che la tecnologia fa da padrona al mondo, ora è il momento giusto per riprendersi il proprio tempo e saper aspettare. Ora è il tempo in cui la consonanza tra ciò che ci è stato tramandato e ciò che tramanderemo, lega e legherà tanti piccoli attori del nostro territorio alla realizzazione di un’idea comune.
C’è stato un tempo in cui un uomo, per prima, ha sentito forte la necessità di lasciar tutto e ritornare alle proprie radici. Ai campi che danno i loro frutti, ai contadini che li raccolgono, ai produttori e ai fornitori che chiudono la filiera. Alla terra curata da mani sapienti ed esperte.
C’è stato un tempo in cui un cuoco ha capito che la vera ispirazione sarebbe arrivata dalla vista di un Golfo e dal suono di un dialetto conosciuto. Il tempo in cui un cuoco avrebbe avuto bisogno del supporto del contadino del suo territorio. Perché conosceva la sua terra, i suoi prodotti e i frutti che essa dava prendendosene cura.
Ecco. Questo è l’inizio di una storia che ha per protagonista Pietro Parisi e tutti i produttori locali che hanno creduto fortemente nell’idea innovativa di quest’uomo.
Questa è la storia di com’è nato Il cuoco contadino campano.
Per raccontarla, tuttavia, bisognerebbe riservarle la giusta attenzione, la stessa messa per la scelta dei prodotti. L’emozione che distingue, giorno dopo giorno, chi si occupa dei processi di gestione e di produzione; il carattere distintivo di un progetto che coinvolge tutti.
Se parliamo del cuoco contadino, dobbiamo considerare in primis la fusione del cibo con la tecnologia senza che quest’ultima intacchi la qualità altissima del prodotto proposto.
Se parliamo del cuoco contadino, dobbiamo rivalutare la figura degli chef che non badano alle stelle o alle forchette, ma inseguono una sempre più minuziosa ricerca degli alimenti di alta qualità, una cultura del prodotto a km zero, biologico, senza OGM, che segue la naturale ciclicità e una lavorazione minima.
Se parliamo del cuoco contadino, insomma, dobbiamo parlare di un mestiere antico e poco sotto i riflettori. Un modo di intendere e fare cucina “com’era una volta”.
Ed era ora.